venerdì 24 gennaio 2014

Virginia Woolf

Virginia Woolf 25 Gennaio 1882- 28 Marzo 1941





Io credo dunque che questa poetessa che non scrisse mai niente e venne sepolta ad un incrocio, vive ancora. Vive in voi e in me, e in molte altre donne che non sono qui stasera, perché stanno lavando i piatti e mettendo i figli a letto. Ma vive; perché i grandi poeti non muoiono; sono presenze eterne; hanno solo bisogno dell’opportunità di essere di nuovo tra noi, in carne ed ossa.

Virginia Woolf - UNA STANZA TUTTA PER SE.

martedì 21 gennaio 2014

Lo scrittore con il passeggino.

Sono i liberali che temono la libertà e gli intellettuali che vogliono infamare il pensiero. [George Orwell. ]



Il 21 Gennaio 1950, Muore George Orwell, all’età di 47 anni.

Orwell, in Italia, rimane sconosciuto o poco compreso. L’equivoco che lo circonda ha ancora cause politiche.  Generalmente, l’opera di Orwell si riduce alla FATTORIA DEGLI ANIMALI e a 1984.  Estrapolando dal suo contesto e arbitrariamente ridotto a una dimensione anticomunista. In realtà era un anti autoritario e s’ignora che egli aveva condotto la sua lotta, in nome del socialismo e per lui il socialismo non era un’idea astratta, ma una causa che mobilitava tutto il suo essere, per la quale aveva combattuto in Spagna. 
Orwell, termina “la Fattoria degli Animali” nel 1943. Gollacz, con cui Orwell era ancora legato da un contratto, fu la prima casa editrice a rifiutarsi di pubblicarlo. Di questo, forse Orwell non  era rimasto stupito, visto che in precedenza si era rifiutato  di pubblicare “Omaggio alla Catalogna”.
 La Faber&Faber, casa editrice, della quale T.S. Eliot, ne era direttore editoriale fece lo stesso, lo rifiutò:

Dopo tutto i vostri maiali sono assai più intelligenti di tutti gli altri animali, e perciò i meglio qualificati ad amministrare la fattoria: infatti non avrebbe potuto esserci assolutamente una “fattoria degli animali” senza di loro. Quindi qualcuno potrebbe dire che ciò che occorreva non era più comunismo, ma maiali che avessero maggiormente a cuore il pubblico interesse.

T.S. Eliot  in una lettera a George Orwell con la quale spiegava il rifiuto da parte della casa editrice Faber&Faber di pubblicare “la fattoria degli animali.”

Certo  Orwell si aspettava dei fastidi da questo libro e nel 1944 fu costretto a dare le dimissioni dalla BBC, e tutte le case editrici li avevano chiuso la porta in faccia, anche la Seker &Wardburg, che in precedenza  aveva pubblicato “Omaggio alla Catalogna”.

Si rivolge ad una piccola stamperia anarchica; Whitman Press, e viene pubblicata a puntate. Ha subito un’enorme successo, che in breve tempo “la Fattoria degli Animali” viene tradotta in 16 lingue per  vari periodici anarchici.

Alla fina del 1944 Seker &Wardburg, acquista i diritti, e pubblica “La Fattoria degli Animali” nel 1945.
Nel 1948, T.S. Eliot, vince il Nobel, ma l’anno prima,  Orwell era stato nominato lo scrittore più popolare del Regno Unito, grazie a quel romanzo rifiutato da T.S. Eliot. 

Nella primavera del 1946, il fotografo Richards Vernon,- anarchico, di origine italiana,  nato Vero Recchioni, amico di Orwell e compagno di Maria-Luisa Berneri, ha l'incarico  di dare un volto allo scrittore più noto di Londra.  Lo incontra dall'altra parte del marciapiede mentre spinge  suo figlio Richard nella carrozzina, diretto verso il suo appartamento a  Canonbury.
Richards Vernon, fa oltre 60 foto, con Orwell nella vita privata,  ma l’editore pubblicherà  solo questa:

Uno scrittore e la macchina da scrivere. L altre foto, soprattutto quelle di Orwell con suo figlio, rimangono nell’archivio Richards Vernon per 50 anni, quando alla fine degli anni 90 le pubblica nel libro “George Orwell at Home”.




































In questo momento il maggior pericolo per la libertà di pensiero e di parola, non è l’interferenza della censura, o di altri organismi istituzionali. Nel nostro paese il peggior nemico che un giornalista si trova ad affrontare è la vigliaccheria intellettuale, e non mi pare che il fatto sia stato dibattuto come merita. È un fenomeno che sembra in buona parte spontaneo. È fin troppo facile ridurre al silenzio idee impopolari o tenere nascosti fatti scomodi, senza alcun bisogno di veti ufficiali. Se si parla di giornali, può risultare facile capire il motivo; la stampa è estremamente centralizzata, appartiene in gran parte a persone ricche, che hanno tutte le ragioni per comportarsi modo disonesto su certi argomenti. Esiste un’ortodossia culturale, un complesso d’idee che si ritiene di essere accettate senza obbiezioni da chiunque la pensi correttamente. Non perché sia vietato dire questa o quella cosa, ma non sta bene. Chiunque sfida l’ortodossia dominante è ridotto al silenzio con sorprendente efficacia.
[George Orwell.] intervento radiofonico, alla  BBC. 1948  







sabato 18 gennaio 2014

La Libertà





Cosa si intende per  libertà?  Il concetto di libertà può contare molti  significati e definizioni, (oltre duecento, ) ma mi limito ai concetti essenziali di questo valore, quello più diffuso, liberale e quello che mi appartiene cioè quello Anarchico. ..

La libertà liberale, si può sintetizzare nella frase: “ la propria libertà, finisce dove inizia quella di un altro” questa è una libertà che ha un confine, un perimetro, che non è uguale per tutti, perché questo perimetro è determinato dalla proprietà privata. Quindi tanto più proprietà e ricchezze uno possiede, tanto più grande è la sua libertà. Al contrario, se uno non possiede proprietà o ricchezze, il perimetro è minimo o nullo. Questo autorizza nel nome della libertà, di sfruttare chi non ha proprietà, rimanendo coerente con il concetto di libertà.
"Il denaro governa il mondo, ecco il cardinal principio del secolo borghese. Un nobile senza fortuna e un miserabile operaio contano lo stesso, cioè nulla: nulla contano nascita e lavoro; il denaro solo conferisce valore alla persona. Quelli che lo posseggono dominano…… Nello Stato borghese non trovasi che "gente libera", la quale costretta però all'obbedienza o all'osservanza di mille precetti..”    [Max Stirner - L’unico e la sua proprietà ]

Quindi per Max Stirner cos’è la libertà?

“[…]la libertà o l'indipendenza della volontà d'un'altra persona, la cosiddetta libertà personale od individuale: poiché essere personalmente libero significa per me esser libero a segno che nessun altra persona possa disporre di me, ovvero che quello che io posso o non posso fare non dipenda dalla volontà di un altro. La libertà deve dunque diventare una nostra proprietà, anzi che servire ad un fantasma come sin qui è avvenuto.” [Max Stirner - L’unico e la sua proprietà ]

Per Bakunin, la libertà del singolo non finisce dove incomincia quella dell’altro, la libertà degli esseri umani che ci sono prossimi è la condizione indispensabile per la nostra personale libertà.

 “[...] Io sono veramente libero solo quando tutti gli esseri che mi circondano, uomini e donne, sono ugualmente liberi. La libertà degli altri, lungi dall’essere un limite o la negazione della mia libertà, ne è al contrario la condizione necessaria e la conferma. Non divengo veramente libero se non attraverso la libertà degli altri, così che più numerosi sono gli uomini liberi che mi circondano, e più profonda e ampia è la loro libertà, più estesa, profonda e ampia diviene la mia libertà. È invece proprio la schiavitù degli uomini a porre una barriera alla mia libertà, o,che è lo stesso, è la loro bestialità a negare la mia umanità; perché, di nuovo, posso dirmi veramente libero solo quando la mia libertà, o, che è lo stesso, quando la mia dignità di uomo, il mio diritto umano, che consiste nel non obbedire a nessun altro uomo e nel determinare i miei atti in conformità con le mie convinzioni, mediate attraverso la coscienza ugualmente libera di tutti, solo quando la mia libertà e la mia dignità mi ritornano confermate dall’assenso di tutti. La mia libertà  personale, così convalidata dalla libertà di tutti, si estende all’infinito.”  [Michail Bakunin,- Dio e lo Stato, 1882].

Per Malatesta la libertà deve essere coniugata con la solidarietà.

La libertà che vogliamo noi non è il diritto astratto di fare il proprio, volere, ma il potere di farlo; quindi suppone in ciascuno i mezzi di poter vivere e agire senza sottoporsi alla volontà altrui” [Errico Malatesta, A proposito di libertà, 1921].

Per gli anarchici, la libertà non è una certezza astratta ma una possibilità che si concretizza solo, se è preceduta dalla capacità di essere indipendenti, di agire e pensare in piena autonomia. Il pensiero e l’azione non deve essere una conseguenza di una necessità, ne essere lesiva per gli altri. Quindi si deduce che la libertà non può essere mai da sola, ma coniugata con autonomia e solidarietà.
"Occorre ribadire a questo punto che dentro lo stesso milieu anarchico ci sono state e ci sono tuttora posizioni anche molto diverse. Gli anarchici sono stati e sono individualisti, comunisti, collettivisti, mutualisti, sindacalisti, educazionisti, primitivisti, femministi, movimentisti, post-strutturalisti, esistenzialisti, ecc[…] ma hanno sempre avuto e tuttora hanno una cosa che li accomuna: il rifiuto di ogni forma di dominio in qualsiasi forma si manifesti, sia esplicita che implicita…." [Francesco Codello-Né obbedire né comandare]




mercoledì 15 gennaio 2014

Vittima e Vittimismo.




"Molto alla moda oggi, il rifiuto della nozione di vittima nasce dal narcisismo fondato sull'ammirazione della figura del dominante. E di fatto, questo rifiuto è assolutamente anti-sovversivo. Infatti, se non ci sono vittime, non c'è ingiustizia e non c'è nessuna ragione per combattere, né per criticare questo "meraviglioso" sistema."- Mélusine Ciredutemps. Che possiamo trovare qui.

Questa moda, la leggiamo tutti i giorni sui giornali e su alcuni Blog.. soprattutto quando si parla di donne; “basta rappresentarle sempre come vittime, sangue e lividi.”
Ma cosa vuol dire vittima?

Vittima è chi è costretto a subire le imposizioni altrui, a essere succube di altri. Chi soccombe all’altrui inganno e prepotenza, subendo una sopraffazione, un danno, o venendo comunque perseguitato e oppresso: restare vittima di un intrigo, di un tradimento; essere vittima della prepotenza altrui; vittime della barbarie, della tirannide. 

Quindi essere vittima, non è mai una scelta, ma una condizione, una responsabilità di terzi, la vittima si sente degradata, umiliata. Negare la condizione di vittima vuol dire rinchiuderla nei suoi sensi di colpa. Per questo è importante riconoscere la vittima, solo così la si può aiutare a liberarsi dei sensi di colpa per l’umiliazione ricevuta.  Negare lo status di vittima, vuol dire negare la sopraffazione, il danno, l’oppressione la prepotenza la tirannide.

Vittimismo.
Per vittimismo si intende;   fare la vittima, ma non lo si è,  scaricare sugli altri le proprie responsabilità, e lamentarsene. Il vittimismo è tipico dei colpevoli, mai della vittima. 

Es. uno stupratore, cercherà sempre di minimizzare e fare la vittima, scaricando le proprie responsabilità sulla vittima, perché era stato offeso, provocato, aveva bevuto.. ecc…ecc.. spesso nei casi di stupro o di violenza sulle donne, la tendenza dei giornali e di talune “femministe” è di assecondare questo vittimismo, scaricando le responsabilità, sul comportamento della vittima, sulla società, il degrado, la crisi economica, internet… ma di fatto deresponsabilizzano il colpevole e colpevolizzano la vittima, rinchiudendola in un vicolo cieco, dove non potrà mai liberarsene e ribellarsi. Va detto una buona volta;  questi signori sono complici dei colpevoli. Il vero atto sovversivo, è riconoscere le vittime e solidarizzare con loro, per imparare a  riconoscere i colpevoli e i loro complici.


lunedì 6 gennaio 2014

SQUILLO


Dal Fatto quotidiano, prendo questo articolo  si parla di un gioco.
Come funziona il gioco? Prendiamo la “guida ufficiale” che si può scaricare dal “sito ufficiale”. Vengono distribuite delle “carte squillo” fino ad esaurimento mazzo. “Per ogni carta squillo che il giocatore ha in campo si possono scegliere quattro diverse azioni, dette Azioni Squillo. Queste sono: attaccare, battere, usare una delle abilità personali e vendere gli organi.”…La vendita degli organi è una delle possibili azioni per una carta e non una condizione che si verifica alla morte della squillo: l’unico modo per far cassa è quindi scegliere di ucciderla.”…. “Dopo aver indicato il gruppo di squillo che viene mandato a battere, o ucciso per venderne gli organi, bisogna calcolare la somma totale incassata.” …”La fase finale termina quando rimane un solo giocatore con delle carte squillo schierate o se si verifica una situazione di stallo per cui nessun giocatore può uccidere le troie di uno o più dei suoi avversari: in questo caso la vittoria è condivisa.” A parte il cinismo e il linguaggio, che è una caratteristica essenziale del gioco, vediamo alcune carte: “La carta Gravidanza Indesiderata può essere giocata solo contro troie in grado di battere.”La carta del taglia gole consente di levare di torno una troia nemica.”…
La carta Scorpacciata di cazzi risolleva l’animo delle proprie ragazze. Essendo un regalo, funziona anche su quelle che, per vari motivi, non possono più prostituirsi.”…”La carta Inculata da un rottweiler rientra tra quelle il cui effetto è di rendere malata la troia che colpisce. La vittima di questa carta si ritrova in punto di morte e, all’inizio del turno del pappone che la possiede, si può scegliere se curarla o lasciarla morire. Vista la sua situazione, non può ovviamente contribuire in alcun modo alle spese per le sue cure mediche”.. è proprio un gioco “liberista”.
Mi fermo qui, facendo notare che se sei un “pappone troppo buono o umano” sei punito con le carte “Punizione della pietà” e “Punizione della stupidità”.  La comprensione e l’umanità non fa parte del liberismo, nemmeno per il liberale di sinistra.. se non vuol passare da stupido.  Le carte “Troia a sorpresa” e “Troia dentro” sono le più ovvie, in fondo si sa le donne sono tutte “troie”.
Non entro nel discorso sociologico, se e in che modo possono influire certi tipi di giochi, sulla violenza reale, non ho le conoscenze ne gli strumenti per poterlo fare..e non voglio parlare nemmeno di sessismo, per ora.
La censura? Vietare il gioco? No! Io non sarò mai dalla parte della censura. Ma nemmeno dalla parte dell’indifferenza, e per questo ora ne parlo.
 Questi giochi, hanno come oggetto di disprezzo e violenza sempre, contro  le classi sociali più marginali,  Prostitute, Gay, o tipo quello  di qualche anno fa, made in padania, che sparava ai gommoni pieni di extracomunitari..
Si diceva, si dice e si dirà, sono giochi, solo dei giochi, siete dei bacchettoni, moralisti, volete vietare anche Risiko.. ..
Ma proviamo per una volta a  cambiare l’oggetto del gioco: Facciamo un gioco dal titolo “Padroni Parassiti” dove  vince chi riesce ad uccidere più imprenditori e manager, deve c’è la carta che ti permette di uccidere dei deputati o senatori per vendere gli organi e recuperare un po’ di soldi.  O la carta del banchiere Inculato da un rottweiler, oppure la carta che fa ammalare i direttori delle ASL, o che riduce in miseria quelli di comunione e liberazione.
Nooo!
Partono subito gli anatemi, condanne e maledizioni,  è violento,  è istigazione all’odio di classe, la morale non c’entra, ecc..ecc
E chi lo dice questo?
Quelli che ora ti dicono che è solo un gioco, quelli che ora fanno l’indifferente, quelli che ora ti dicono che sei una moralista….. Ma quando fa comodo, tutti pronti a far partire la censura, con editoriali di giornalisti di grido  che ti spiegano quanto è giusta la censura, per il quiete vivere sociale, che non è una censura, ma l’autodifesa della società dalle barbarie, e poi ti faranno la lezioncina e ti diranno, che infondo, usare un linguaggio offensivo verso le donne, è normale.. che palle queste femministe moraliste, che vittimizzano sempre le donne. E che scopassero di più, invece di stare a rompere su ogni parola “sessista”, se non capiscono gli scherzi e i giochi.
Questi signori, dimostrano solo che la realtà è un’altra; le prostitute, i gay, lesbiche, extracomunitari, disoccupati, sfruttati, cassaintegrati, esodati ecc…ecc.. non appartengono alla stessa “umanità” degli imprenditori, giornalisti, manager, banchieri e politici.
Ma si potrebbe anche obbiettare, che in fondo è un gioco educativo; fa vedere quello che è realmente il capitalismo, che disumanizza e trasforma tutto in merce, che non ha il rispetto per la vita umana…
No! Questo è solo un gioco classista, che educa ed essere cinici, usare la gente per i propri profitti e poi scartarla quando non rende più. È un gioco che educa, ad essere autoritari.

Non c’è nessun peccato, salvo la stupidità (Oscar Wilde)


giovedì 2 gennaio 2014

“Il più bell’oggetto di consumo."

 




 “il più bell’oggetto di consumo.”  Questa definizione delle prostitute è di Charles  Baudelaire, il poeta Francese.

Non voglio colonizzare nessuno, ne sovradeterminare nessuno, o sottodeterminare o iperdeterminare nessuno, ma esprimere solo il mio pensiero, che è mio, parziale e incompleto.  E non ho l’arroganza autoritaria, di essere l’unica ad avere un pensiero critico. Questo è solo l’Ida-pensiero. 
Mi sono imbattuta nelle famose (quaranta ragioni) se non è lesa maestà, vorrei fare alcune mie osservazioni.  
Rinuncio da subito a presentare un quadro obiettivo delle condizioni di vita, delle prostitute perché non esiste obbiettività. Ogni donna, ogni vita, ogni corpo, vive in modo differente la prostituzione, come una disperazione, una schiavitù, una tristezza, abitudine e talvolta una scelta e forse piacere. Ma soprattutto non ho la presunzione di conoscere la verità.
Le quaranta ragioni, ci presenta una prostituzione romantica e festosa, gioiosa, felice, avventurosa,  seduttrice e travolgente, che attrae, che affascina, ma che a me terrorizza. Penso che non  esista una prostituzione femminile, veramente gioiosa, e se esiste, è un  gioco vitale, sul sesso e denaro, elementi che gravano sul loro destino. Sì, sono consapevole che il gioco è anche un elemento dell’erotismo, forse è la componente essenziale, ma non il denaro. Sesso e denaro si escludono a vicenda, si contrastano ma non s’incontrano mai. Il denaro è un’astrazione, un simbolo, la prostituta, un corpo, una persona, un individuo, con le sue frustrazioni, i suoi sogni, le sue amarezze e speranze che diventa merce.  Nel sesso il denaro sancisce solo  l’asservimento, perché stabilisce nella transazione chi è il soggetto e chi è l’oggetto.
La prostituzione resta il luogo dell’inquietudine, il luogo privilegiato del desiderio maschile, oggetto di una scelta assoluta. La prostituta, non sceglie  è sempre scelta poiché prostituta, per il suo essere arcaico e patriarcale di femminilità.
La donna che invita all’acquisto di una prestazione sessuale a tutto sembra alludere tranne che all’esplosione di un incontrollato godimento, la prostituzione segue i  tempi di produzione e dello scambio, lo scambio sessuale di cui esplicitamente allude il corpo femminile messo in vendita, sembra essere ben lontano dal narrare un desiderio, ma solo un corpo ben definito e inserito nella società della produzione e del consumo.  Piacere per gli altri e rinuncia al proprio.
Nella prostituzione c’è una netta separazione di genere, pochissime donne riescono ad avere l’accesso allo status degli uomini prostituti. Gli uomini prostituti, (eterosessuali) hanno la possibilità e il privilegio dovuto al loro sesso, di poter scegliere.  Una libera scelta, un  “libero” gioco con il sesso e il denaro, con ambienti e corpi da loro accettati e voluti, forse un po’ stagionati e non  desiderati, ma voluti.  Sono cinici e volgari, perché l’arte del mercato è cinica e volgare e  desidera solo corpi maschili ben dotali e merce di alta qualità. Il prezzo del mercato della prostituzione maschile, ( da 800 euro in su) è accessibile, solo ad una minoranza di donne, il prezzo della prostituzione femminile è accessibile a tutti.

Solo una minoranza di prostitute privilegiate, hanno il privilegio di scegliere.   La maggioranza delle donne che si prostituiscono, non può scegliere il partner.   La prostituta deve darsi a un corpo, ad altri corpi, aprire le gambe con una successione senza scelta, per il denaro che consegnerà al protettore, altro elemento essenziale che si nasconde , che non si parla mai e rimane sempre dietro le quinte, “il protettore” o “organizzatore di eventi”, come viene chiamato oggi quando il protettore si trasforma in imprenditore, ma la prostituta rimane comunque sempre merce.  (Qui sarebbe bene anche, vedere e studiare l’evoluzione del “protettore” nel corso della storia, da padre, amico, marito, amante a imprenditore. Ma il ruolo della donna non subisce nessun tipo di evoluzione, era oggetto e rimane oggetto).
In un punto mi trovo d’accordo, con le “quaranta ragioni”: le prostitute, conoscono aspetti della vita sessuale maschile, inenarrabili, che nessun’altra donna, moglie o compagna possono vedere e conoscere, uomini miserabili, disgustosi e pietosi che non trovano piacere nel sesso, ma solo nella rappresentazione del potere della loro virilità.
Ma prendo un altro punto, quello che dice:” Si ribellano contro leggi assurde, patriarcali, che negano il sesso e le criminalizzano…...” Dimentica che la prostituzione stessa è il frutto del patriarcato. Se non fosse così, avvalorerebbe la tesi  del patriarcato che sostiene l’inferiorità biologica della donna, e che in ogni donna si cela una prostituta in potenza. Forse è questa l’opinione della nostra femminista? Non lo sapremo mai!
 La prostituzione è un’offerta  che il patriarcato fa alle donne a tutte le donne, che può risultare conveniente per le donne, ma è un fenomeno unilaterale, schiacciante, oppressivo, senza nessuna contropartita. Per secoli se una donna rimaneva vedova e senza sostegno, o per avere un riscatto sociale, il patriarcato le offriva l’unica possibilità; prostituirsi.  Un lontano incantesimo, lega strettamente e indissolubilmente, la donna al sesso, da come si veste a come cammina. Non si può pensare di esorcizzarlo semplicemente con la provocazione, o meglio, con  le cazzate!
Capisco che siamo vicino alle feste, ma mi chiedo qual è il senso di questo regalo (quaranta ragioni) che alcune  donne fanno al patriarcato? Un regalo commovente perché del tutto illegittimo e immeritato,  del tutto forzato al dominio. Un regalo che queste donne pensano di offrire, con la segreta genuflessione alla “fallocrazia”?  Ma non voglio parlare di quello che dice, non m’interessa sapere se aiutano o no  la vecchietta attraversare la strada. Voglio parlare di quello che “le quaranta ragioni” non dicono. E parlare delle scelte delle privilegiate che lo fanno per “libera scelta”, vuol dire non voler vedere quello che realmente c’è dietro la prostituzione femminile. quiqui,qui
La prostituzione femminile, comporta quasi sempre la trilogia, prostituta, cliente, protettore, è  quest’ultimo che forza lo scambio, e si appropria del profitto.  Dov’è la l’autodeterminazione della prostituta se  ha un “contratto” che prevede e garantisce il profitto a una terza persona, che prestabilisce,  regola, ritualizza la modalità dello scambio, determina la fluttuazione del denaro e del sesso? Lei subisce solo le decisioni prese da altri.
Certo il protettore non si prende tutto il denaro, ne lascia almeno quel necessario alla sua “protetta”, che si trovi almeno in una posizione di privilegio  rispetto alle altre donne per la quantità di denaro di cui possono disporre, un maggior numero di cose da acquistare, vestiti alla moda, una sicurezza materiale, un’illusione di libertà, che le rendono doppiamente schiave. 
Il commercio della donna e del sesso è uno dei più fiorenti mercati mondiali. Prolifera con vaste reti di comunicazioni, ha i suoi metodi di lavoro, e manodopera specializzata, ha i suoi mercati i suoi centri, cammina parallela allo sviluppo del capitalismo, sposta i corpi da un mercato ad un altro, li sequestra, li uccide, li violenta  e li umilia,  seguendo solo  la  logica del profitto. Dov’è in tutto questo la libertà?  Il capitalismo, spinge sempre più a parlare, a mostrare a produrre, sempre più sull’immagine del sesso, sulla sua espressione, tutto questo s’innesca una produzione di manipolazione nell’immaginario delle persone. Riproducendo il sesso come merce e la sua stessa repressione, in un pensiero totalitario.  Far diventare merce i corpi delle persone e rendere tutto questo normale, rendere normale il rapporto del denaro con il corpo, quindi con la stessa sopravvivenza, con lo scambio della vita stessa come una cosa donata, pagata, meritata,  guadagnata. Questa è l’unica similitudine che esiste tra una donna che lavora alla catena e una prostituta, lo sfruttamento.

 Fine prima parte.





Le immagini sono di Henri de Toulouse-Lautrec. Chi meglio di lui ha amato e conosciuto le prostitute?  Ma gioiose e felici, non ne ha rappresentate mai nessuna.. Toulouse-Lautrec, descrive un illusorio benessere, dove si cela una società profondamente classista, un’umanità femminile dolente, sofferente e sfruttata, fatta di miseria e precarietà.

Qui ci sono alcune delle più belle del “bordello”  il “Bal du Moulin de la Galette.” e in strada.

Aggiornamento :

http://www.massimolizzi.it/2014/02/miti-legalizzazione-prostituzione.html